3 aprile 2016

“DURA LEX SED LEX”, COME AGGIRARE LA COSTITUZIONE SENZA MODIFICARLA.


Sono in molti a sostenere che la Costituzione Italiana sia la più bella del Mondo ed hanno ragione a dirlo. Infatti, i Padri Costituenti hanno svolto un lavoro eccellente nello scriverla. Tuttavia,  in Italia la questione di fiducia è un istituto della forma di governo parlamentare riservato al Governo, non previsto in Costituzione, ma disciplinato dai regolamenti interni della Camera e, in modo più succinto, del Senato nonché dalla legge n. 400/1988. Il governo pone la questione di fiducia su una legge (o più comunemente su un emendamento ad una legge), qualificando tale atto come fondamentale della propria azione politica e facendo dipendere dalla sua approvazione la propria permanenza in carica. 
Nella pratica politica tale strumento viene usato dal Governo per compattare la maggioranza parlamentare che lo sostiene o per evitare l'ostruzionismo dell'opposizione. Ponendo la fiducia sulla legge, tutti gli emendamenti decadono e la legge deve essere votata così come è stata presentata; sempre più spesso, tuttavia, essa è posta dal Governo su un proprio maxi-emendamento. Nel caso in cui il Parlamento respinga la questione di fiducia posta dal Governo, quest'ultimo è considerato privo della fiducia della Camera/Senato e pertanto è tenuto a rassegnare il mandato nelle mani del Capo dello Stato. Va inoltre ricordato che tale istituto giuridico, compattando la maggioranza, cerca di annullare i franchi tiratori che si nascondono dietro il voto segreto. 
Il voto di fiducia, come già evidenziato, non è previsto in Costituzione, ma disciplinato dai regolamenti interni della Camera e, in modo più succinto, del Senato, esso ha consentito ad un solo uomo, il Presidente del Consiglio, per l’appunto, di decidere di mettere la fiducia per far approvare una legge, sapendo di avere la maggioranza in Parlamento. E’ sempre il Parlamento ad approvare, ma in questo preciso caso, il dibattito parlamentare viene alla fine e di fatto scavalcato dal voto di fiducia, diventando così un passaggio interlocutorio affatto determinante al fine dell’approvazione di una legge. Un escamotage questo tipicamente italiano, messo in atto non dai furbetti del quartierino, bensì dai Governi. 
Il dibattito Parlamentare ha spesso bloccato leggi, fondamentalmente giuste, per eccesso di emendamenti, non sono passate, ma ne ha approvato altre discutibili e persino anti costituzionali, è accaduto e continua ad accadere perché il Governo, anzi il Presidente del Consiglio, ha messo il voto il fiducia per fare approvare quelle leggi. 
Alcuni Governi hanno messo in atto una serie di espedienti, trucchi e vere e proprie forzature regolamentari da antologia pur di spianare qualunque tentativo di opposizione. E pazienza se la democrazia ha i suoi tempi, non sempre la fretta è buona consigliera e la voglia di fare presto ad ogni costo ha già fatto prendere diverse cantonate agli esecutivi proprio per il modo in cui sono scritte le leggi.
I lavori di Camera e Senato, con le loro procedure e liturgie (spesso effettivamente obsolete), sono diventati così il terreno dove sono più vistosi i nuovi corsi governativi. Del resto i regolamenti parlamentari, che non a caso si sta cercando di riformare, possono prestare facilmente il fianco all’ostruzionismo. Ma tutto questo c’entra fino a un certo punto. Perché a prescindere dalle resistenze oggettive, la filosofia di fondo è quella che vede ogni perplessità come un intollerabile rallentamento: tutto il resto sono meri ostacoli da superare. E, quando non è possibile, aggirare.

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